Cosa fare per evitare una brutta cicatrice:
- Idratare mattina e sera con vitamina E in gel, lipogel o crema per almeno 5-7 giorni.
- Applicare una lamina sottile in gel di silicone (si compra in farmacia o sanitaria) da mettere la notte o il giorno in relazione alla zona anatomica, per almeno 4 mesi.
- Gel di silicone in associazione alla lamina (giorno o notte) per appunto 4 mesi.
- Protezione solare 50+ in stick, crema o latte durante le ore diurne.
- Evitare indumenti stretti e di colore scuro a contatto con la cicatrice.
Quando preoccuparsi:
La prima considerazione da fare, per trattare e ridurre le cicatrici cutanee è che queste non sono una patologia, ma l’ultima fermata di un lungo percorso fisiologico che l’organismo compie verso la guarigione delle ferite che hanno interrotto, in modo significativo, la nostra pelle.
La cicatrice non è il prodotto finale della riparazione di una abrasione, di un piccolo taglio o di una ferita superficiale, ma è il punto di arrivo della guarigione di ferite più profonde che hanno allontanato, in maniera irreversibile, i margini della cute colpita. La cicatrice è il pezzetto mancante, o meglio asportato dal trauma, del puzzle cutaneo che si sta ricomponendo, esso è fisiologicamente delle dimensioni precise dello spazio mancante, ma la sua composizione non è esattamente identica al tassello da sostituire.
La piaga da decubito, meglio definita come lesione da pressione, è una ferita cutanea che si presenta a causa di un prolungato schiacciamento di una parte del corpo. La cute, compressa tra la prominenza ossea e una sporgenza esterna che può essere rappresentata da una materasso o dal cuscino di una sedia a rotella, non riceve quindi più un giusto flusso sanguigno.
L’origine latina “Cicatrix”, dalla radice “Cingere” ovvero legare attorno, suggerisce l’intrinseco significato funzionale della cicatrice, ovvero quello di “riannodare” e rendere solidali i tessuti circostanti, rimasti illesi o comunque in grado di partecipare alla guarigione delle ferite più complesse.
Riassumendo quindi:
- la cicatrice è un tassello strutturale indispensabile per la riparazione delle ferite ma non esattamente uguale nella sua composizione alla parte che si appresta a sostituire;
- la cicatrice matura, infatti, è fibrosa e di aspetto cromatico diverso dalla cute limitrofa, non è elastica e morbida come la pelle circostante e spesso risulta più sensibile al tatto almeno nei primi tempi;
- la cicatrice non presenta peli poiché non contiene bulbi piliferi, non produce sudore perché non possiede ghiandole sudoripare ed è più secca e delicata perché non contiene ghiandole sebacee.
Nonostante queste considerazioni, la cicatrice cutanea fisiologica svolge egregiamente la sua funzione di “ponte” tra due sponde di tessuto sano. La completa maturazione di una cicatrice fisiologica, che avviene dopo circa 11-12 mesi dalla sua comparsa, è fondamentale per poter fare delle considerazioni terapeutiche conclusive ed essere certi di aver scongiurato il pericolo di una involuzione ipertrofica o cheloidea.
Un fattore importante da rammentare, a proposito della diversa composizione e funzione del tassello cicatriziale, è la localizzazione anatomica della cicatrice, trattandosi essenzialmente di azioni traumatiche di una certa energia meccanica e termica, le estremità (mani, piedi, gambe, braccia, viso, collo) sono sicuramente più predisposte alle ferite rispetto al resto del corpo, comunque le cicatrici si formano anche in seguito ad interventi chirurgici.
Guida per capire e intervenire sulle cicatrici
Interpretare la cicatrice
Chiarito il concetto che la cicatrice è l’ultimo stadio di un processo fisiologico obbligato, della guarigione delle ferite cutanee, quando prodotte da traumi meccanici o termici importanti, di diversa interpretazione sono le cicatriciipertrofiche e i cheloidi; questi ultimi rappresentano l’esito di una guarigione esuberante rispetto alla norma.
cicatrici normali
Le cicatrici normali sono piane e corrispondono perfettamente alla quota cutanea nel cui contesto sono inserite
cicatrici ipertrofiche
Le cicatrici ipertrofiche superano invece il livello della cute circostante, non oltrepassando comunque i limiti della cicatrice fisiologica matura e questo può, talora costituire criterio di diagnosi differenziale rispetto ai cheloidi. Le cicatrici ipertrofiche vanno distinte da quelle immature (il ciclo vitale della cicatrice va seguito come detto per 12 mesi) e non sono significativamente correlate al colore della pelle né alla appartenenza etnica del soggetto colpito; si sviluppano solitamente nei primi mesi del ciclo maturativo e spesso sono localizzate in prossimità delle articolazioni o nei punti di maggiore trazione cutanea;
cicatrici cheloidi
Le cicatrici cheloidi superano abbondantemente i limiti della cicatrice matura, possono deformare la cute circostante e determinare retrazione della pelle anche a distanza di alcuni centimetri:Il cheloide, non soltanto appare esteticamente estraneo alla zona anatomica dove è localizzato ma causa prurito incoercibile e talora dolore: lesioni cutanee da grattamento come abrasioni o ferite superficiali sono frequenti complicanze del cheloide. lo sterno, i lobuli dell’orecchio, le spalle e le guance sono le localizzazioni più frequenti delle cicatrici cheloidi che talora condividono anche con le cicatrici ipertrofiche.
I soggetti ad alto rischio di sviluppare cheloidi sono solitamente giovani (età minore di 30 anni) con la pelle scura, che hanno subito non solo traumi importanti come ustioni profonde o ferite infettate ma anche piercing dell’orecchio o acne complessa del viso; perfino alcune vaccinazioni (es. antivaiolosa) e malattie della pelle possono esitare in cheloidi.
Il termine “cheloide” deriva dai greci antichi che per similitudine con la “chela “del granchio così la definivano.
Controllo della cicatrice
Il corretto controllo temporale di una cicatrice risulta quindi essenziale per valutare:
- Lo stadio maturativo;
- Il trattamento locale preventivo;
- L’insorgenza di deviazioni ipertrofiche o cheloidee;
La congrua terapia locale per prevenire o ritardare l’instaurarsi di derive anomale (ipertrofia/cheloide), per certi aspetti, coincide con il trattamento stesso delle complicanze.E’ dunque riprovevole “dimenticarsi” di consigliare al paziente la giusta “manutenzione” della sua ferita appena guarita. La prescrizione di una serie di norme igieniche e terapeutiche è dunque un “obbligo” da parte del medico che ha in carico la guarigione di una ferita soprattutto se:
- essa ha avuto un decorso prolungato o è stata frutto di un trauma particolare (es. ustione);
- se il paziente è di colore;
- se essa è localizzata in particolari aree del corpo;
la dimenticanza del consiglio terapeutico è ancora più grave se tutte queste evenienze sono presenti contemporaneamente.
La corretta pratica chirurgica, la conoscenza della stadiazione delle cicatrici (Vancouver Scar Scale), del panorama terapeutico a disposizione e della “Treatment Ladder” ovvero della congrua corrispondenza tra stadio clinico e trattamento idoneo, sono i 4 pilastri su cui dovrebbe poggiare la strategia da opporre alla involuzione ipertrofica o cheloidea della cicatrice. La gestione adeguata della cicatrice potrebbe cominciare dunque già dalla sala operatoria o dal P.S. dove il medico è chiamato a scegliere la sutura più idonea o la ricostruzione cutanea più congrua per la feritache sta riparando.
Attualmente non esiste un consenso scientifico ampio e ben documentato nei confronti della tattica chirurgica, le due correnti di pensiero contrapposte sono:
- Derma ben strutturato con numerose suture + avvicinamento cutaneo superficiale morbido senza tensione.
- Minore componente di materiali estranei nel derma + punti di accostamento superficiale per la tenuta della cute;
e non hanno trovato una letteratura scientifica (RCTs) in grado di spostare l’ago della bilancia in favore di una o dell’altra. Effettivamente alcuni lavori clinici di settore sostengono l’uso di colle biologiche per la chiusura del piano più esterno, ma rimane l’interrogativo su come affrontare i piani dermici senza scatenare una reazione esagerata e scomposta del tessuto connettivo (componente maggiormente rappresentato nel derma) con produzione di cicatrici ipertrofiche o cheloidi.
In considerazione che non vi sono evidenze scientifiche consistenti sulle procedure ricostruttive mirate a scongiurare derive anomale della cicatrice, non vale la pena addentrarsi nelle teorie che basano i propri risultati sulla diversa scelta ed impiego di materiali da sutura e sulle caratteristiche degli aghi per ricucire. In questa sede ci sembra appropriato proporre esclusivamente delle linee terapeutiche di puro orientamento (basate comunque su una solida letteratura scientifica) per allontanare la probabilità di viraggio di una cicatrice cutanea verso complicanze ipertrofiche o cheloidee.
Trattamento della cicatrice
In linea di massima, il trattamento della cicatrice, sia in senso “manutentivo” che “preventivo”, comincia dal momento del consolidamento ovvero da quando, alla rimozione dei punti di sutura o alla guarigione pilotata di una ferita complessa, la cicatrice è stabile e ha completamente sostituito il tessuto danneggiato; il rossore iniziale può rientrare nella normalità e comunque andrà scomparendo con l’inizio della terapia.
Nella personale esperienza di gestione di ferite complesse guarite o nel post-operatorio di suture chirurgiche, ho maturato un protocollo di management che è composto di vari steps:
Lamine sottili di silicone e vitamina E:
è la “first line” che applico appena dopo il consolidamento della cicatrice; la medicazione grazie alla sua trama e composizione svolge i primi effetti d’idratazione e occlusione; viene mantenuta per circa 10 giorni.
Fogli di gel di silicone e gel di silicone in tubo:
nei 4-6 mesi successivi alla terapia di approccio, si devono applicare questi 2 presidi; in relazione alle abitudini/attività del paziente e alla localizzazione anatomica si dividono, al bisogno, i due prodotti nel periodo giorno-notte (es. fogli di gel nella fase notturna e gel in tubo di giorno). In assenza della copertura con foglio in gel di silicone, sono da evitare indumenti scuri a contatto con la cicatrice, nella impossibilità di evitarli, è opportuno interporre un ritaglio di tessuto bianco di lino o cotone; il foglio di silicone sembra agire aumentando la temperatura cutanea locale, favorendo l’idratazione e la concentrazione di ossigeno a livello tessutale, queste tre azioni rendono la cicatrice più morbida e piatta.
Nelle cicatrici da ustione profonda, anche se corrette con innesti dermo-epidermici o con lembi cutanei, in quelle ampie e localizzate in prossimità di pieghe articolari o sulle mani e piedi, consiglierei di aggiungere indumenti compressivi, confezionati artigianalmente su misura da aziende specializzate; la pressione (24-30 mmHg) mantenuta per almeno 6 mesi potenzia l’effetto dei fogli di gel di silicone.
A questo punto ci troviamo quando sono trascorsi almeno 6 mesi dalla guarigione della ferita e potremo valutare l’evoluzione della cicatrice con un occhio anche alla stagione a alla meteorologia in corso; se si sono raggiunti gli obiettivi di mantenere la cicatrice nel suo sviluppo fisiologico o comunque con aspetto accettabile, è possibile proseguire con solo il gel di silicone in tubo oppure con una semplice crema/olio idratante specifica, in associazione con una congrua protezione solare totale se la stagione lo consiglia. Nella eventualità che, nonostante siano state poste in opera tutte le misure precauzionali, la cicatrice abbia assunto aspetto ipertrofico o cheloideo, sarà necessario passare alla “light second line” terapeutica.
I soggetti ad alto rischio di sviluppare cheloidi sono solitamente giovani (età minore di 30 anni) con la pelle scura, che hanno subito non solo traumi importanti come ustioni profonde o ferite infettate ma anche piercing dell’orecchio o acne complessa del viso; perfino alcune vaccinazioni (es. antivaiolosa) e malattie della pelle possono esitare in cheloidi.
Il termine “cheloide” deriva dai greci antichi che per similitudine con la “chela “del granchio così la definivano.
Infiltrazione locale di corticosteroidi:
il Triamcinolone acetonide iniettato nel contesto della cicatrice, svolgendo effetto antinfiammatorio, antimitotico e vasocostrittore, sembra arrestare l’involuzione ipertrofica della lesione. L’infiltrazione intralesionale (preparata con qualche cc. di anestetico) viene eseguita ogni 3 settimane, con una tecnica particolare che tenga conto della lunghezza e spessore apparente della cicatrice per distanziare in modo equilibrato gli inoculi.
Riduzione del rossore e appiattimento della cicatrice sono i primi risultati (talora parziali) della miscela di Triamcinolone acetonide; il trattamento va proseguito per almeno 4-6 mesi e deve essere effettivamente monitorato alfine di evitare o ridurre gli effetti collaterali del corticosteroide, quali atrofia cutanea, teleangectasie e ipopigmentazione locali.
Terapie combinate:
il mancato controllo dell’involuzione cheloidea della cicatrice, obbliga il medico a prendere provvedimenti più invasivi anche associati tra loro. Nonostante che la completa maturazione della cicatrice duri circa 12 mesi, una evidente obiettività di formazione cheloidea consiglia il medico di azzerare il processo e ricominciare da zero: il trattamento chirurgico associato a concomitante terapia corticosteroidea locale ed eventualmente a crioterapia, rappresenta la “second strong line”.
Il cheloide, solitamente si appropria di tessuto sano limitrofo, attraendolo e coinvolgendolo in fenomeni di retrazione cutanea che, a ridosso delle articolazioni, possono determinare vere e proprie limitazioni funzionali. Il chirurgo deve tenere conto di questo “derangement” ovvero di questo sconvolgimento tessutale, e predisporre un piano di demolizione e ricostruzione alternativa; la sola chirurgia, quasi sempre perdente nei confronti delle recidive cheloidee che talora sono anche più invasive e mostruose delle pregresse, deve essere associata ad infiltrazioni di corticosteroide, da effettuarsi nello stesso tempo chirurgico e scadenzate nei tempi successivi.
Sedute di radioterapia mirata, in mani esperte, possono rappresentare una valida terapia complementare alla chirurgia. Ripartendo da zero, sarà necessario applicare da subito un foglio di gel di silicone 24 ore al giorno (attenzione alle allergie) e un follow-up meticoloso.
Recenti evidenze scientifiche mostrano come terapie con Dye Laser Pulsato, applicazione di crema di Imiquimod al 5%, infiltrazione locale di Verapamile, di Fluorouracile o di Bleomicina, possono costituire un trattamento “second line” alternativo alle metodiche sopradescritte, anche se necessitano di studi ulteriori con casistiche più ampie.
Soprattutto nelle cicatrici da ustioni estese e profonde, nonostante l’applicazione di tutte le norme preventive riportate, il prurito resta un temibile nemico. L’annientamento delle ghiandole sebacee, ghiandole sudoripare e dei follicoli piliferi determina una trasformazione “desertica” dell’area cicatriziale; la secchezza ingravescente porta una sensazione di indurimento strutturale di superficie che scatena il desiderio di grattarsi.
Spesso terapie sistemiche a base di antistaminici non sono sufficienti ad attenuare il prurito, poiché non è coinvolta solo la cascata infiammatoria dell’istamina, le terapie omeopatiche per os potrebbero svolgere una qualche azione lenitiva, ma il trattamento principale si fonda sull’impiego di saponi oleosi, soluzioni e creme idratanti specifiche, evitando l’uso di oli minerali e prodotti alla lanolina che risultano fortemente allergizzanti.
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