LE CAUSE DELLA FRAGILITÁ DELLA PELLE DEGLI ANZIANI
La “fragilità” dell’anziano viene sicuramente ascritta alla presenza contemporanea di più patologie che determina un equilibrio di salute particolarmente instabile, ma nella nostra trattazione riguarda soprattutto il mantello cutaneo ovvero la sua effettiva capacità d’interfacciarsi meccanicamente con il mondo esterno che ci circonda, proteggendoci dalle brusche variazioni di umidità e dagli insulti termici.
La cute svolge per il nostro organismo le funzioni di una grande coperta molto tecnologica, capace di autoregolazione termica in relazione alla temperatura esterna, di proteggere l’impalcatura ossea, di produrre energia e calore al bisogno, di contrarsi o distendersi in caso di emozioni o particolari sensazioni, di bloccare selettivamente sostanze pericolose per il nostro corpo, etc.
La pelle, pur coprendo l’essere umano dal tempo delle caverne, non è un fenomenale e sofisticato involucro di ultima generazione, un guscio capace di interagire con l’ambiente e con gli altri individui come nessun’altra invenzione dell’uomo è in grado di fare. Il “tessuto” della pelle è unico ed originale, nessuna stoffa o ritrovato sintetico può mimarne le caratteristiche, elasticità, resistenza, duttilità e morbidezza sono infatti caratteristiche inimitabili.
L’avanzare degli anni determina una maggiore fragilità del mantello cutaneo che si assottiglia, si disidrata, perde una quota sostanziosa di fibre elastiche e di vascolarizzazione; l’invecchiamento progressivo ed ineluttabile dell’involucro cutaneo costituisce quindi un fenomeno naturale nella sua essenza, la velocità di esso è però estremamente variabile e legata a diversi fattori:
- le condizioni climatiche della latitudine a cui viviamo influiscono molto, specie se sottovalutate nei climi torridi e assolati; una insufficiente protezione dai raggi solari o uno scarso apporto di acqua determinano una più rapida involuzione della struttura cutanea, senza far menzione delle possibili deviazioni tumorali, così come un clima rigido agirà – a lungo termine – in senso negativo sulla sanguificazione della cute con conseguente veloce assottigliamento ed indurimento.
- fattori individuali, genetici o acquisiti, che influenzano con diversa incisività il processo di invecchiamento della cute.
- malattie sistemiche dell’organismo o affezioni dermatologiche invecchiano precocemente la pelle e ne alterano le principali attività funzionali con il risultato di renderla più fragile
I POSSIBILI TRAUMI DELLA PELLE DEGLI ANZIANI
Con le predisposizioni precedenti in caso di “microtraumi” inavvertiti e insignificanti, tipologia di traumi minimi o contenuti, dal punto di vista puramente meccanico fanno la “storia” delle ferite cutanee degli individui anziani, attività esterne routinarie come salire su un autobus o aprire lo sportello della macchina possono costituire dei nemici micidiali per il mantello cutaneo, fisiologicamente o patologicamente indebolito, dell’anziano, ma neanche l’ambiente protetto della casa è esente da rischi di mini-traumatismi.
Una esplorazione improvvida del proprio frigorifero, magari in ore notturne o senza occhiali, può concludersi con un incontro ravvicinato tra gamba e spigolo dello sportello, uno scavalcamento poco energico della vasca o una caduta della doccetta possono determinare una contusione improvvisa della gamba.
Legge di Murphy a parte, la porzione di gamba più interessata da tali traumi meccanici corrisponde alla faccia anteriore mediana ovvero dove l’osso tibiale è più sporgente e la cute più sottile (in tutti gli individui di qualsiasi età anagrafica).
Il livello di energia meccanica, insita nell’azione di apertura sbadata di uno sportello o nell’urto diretto contro una superficie dura e rigida, spesso non è altissimo ma sufficiente, nelle circostanze sopradescritte, a produrre una ferita cutanea di gravità variabile che spesso viene misconosciuta o sottovalutata dal paziente anziano; infatti l’iniziale sintomatologia locale, l’assenza di un vero sanguinamento, l’integrità apparente dell’epidermide, talora anche una insufficiente lucidità mentale, ritardano la presa di coscienza della ferita e della sua rapida involuzione.
Questa solitamente imbocca 2 strade:
- in caso di trauma chiuso ovvero con apparente integrità del mantello cutaneo, il paziente nota un progressivo scurimento della zona colpita, un dolore ingravescente e scatenato anche dallo sfioramento, un gonfiore che si estende anche a distanza con sensazione di pulsazione locale fastidiosa. Il finale della storia consiste in sollevamento spontaneo o quasi della pelle sopra il trauma ed esposizione di un’area gelatinosa rossa associata ad odore sgradevole.
- L’altro percorso involutivo si imbocca quando il trauma determina il cedimento di una porzione variabile di cute con sanguinamento locale, presenza di lembo cutaneo rosso scuro e gonfiore nei dintorni della ferita; il paziente avverte dolore al movimento del lembo di pelle che talora, attaccato solo parzialmente, assume i connotati di una specie di sportelletto che si cerca di appoggiare alla ferita o di asportare.
COME MEDICARE UNA FERITA AD UNA PERSONA ANZIANA
Non sempre l’anziano si trova mentalmente e fisicamente nelle condizioni di auto-medicarsi o comunque di preoccuparsi di trattare la ferita o la contusione della gamba, per ragioni contingenti stabili o transitorie, familiari o domestiche.
Solitamente nelle ore successive al trauma l’anziano, se minimamente autonomo, ha eseguito una disinfezione sommaria e una copertura di emergenza della lesione; nei casi più fortunati di condivisione dell’abitazione con altri familiari o badante, egli ha seguito i loro consigli e si è recato dal medico di base o almeno in farmacia per ricevere aiuto o informazioni su come trattare la lesione.
I consigli ricevuti si tradurranno nell’acquisto di soluzioni disinfettanti e garze per medicare, a tempi prestabiliti, la ferita; un interrogativo, non indifferente, sta nel chi porterà a termine tale opera di medicazione e se saranno rispettati, non solo gli intervalli temporali, ma le basilari norme di igiene.
Il nucleo familiare è tendenzialmente ben disposto nei confronti dell’anziano, cui di solito è riconosciuto un ruolo di guida sociale, e a turno si occupa delle sue necessità sanitarie; al contrario non sempre il/la badante o più tecnicamente il caregiver offre un’assistenza competente, valida e attenta nei confronti dell’anziano. La solitudine del paziente aggrava ancora di più la carenza delle cure basilari, poiché l’atteggiamento di chi vive da solo è del tutto particolare in tutte le sue manifestazioni e le cure “mediche” non fanno certo eccezione.
Il collo dell’imbuto è rappresentato comunque, in tutte le circostanze, dalla comparsa delle complicanze della ferita, solitamente locali e non gravi, ma che qualche volta rasentano l’invio in pronto soccorso.
L’infezione della ferita o una piccola emorragia secondaria ad un secondo trauma (in mancanza di corretta protezione della prima lesione) sono due eventi che accadono frequentemente agli anziani non correttamente seguiti, sottoalimentati o igienicamente non autonomi.
La trattazione delle problematiche igienico-sanitarie, familiari o sociali degli individui anziani che vivono da soli, esula dagli obiettivi di questa sommaria analisi, i cui reali obiettivi sono invece sia conferire la giusta importanza alle caratteristiche della ferita per non sottovalutare le possibili complicazioni sia suggerire piccole regole comportamentali concernenti la disinfezione e la terapia locale.
Nella prima parte del lavoro sono stati descritti i meccanismi d’azione e le dinamiche potenziali dei microtraumi della pelle cui possono essere soggetti gli individui anziani, sia autonomi che confinati nella propria abitazione; alla seconda è affidato il compito di fare chiarezza sugli atti necessari e utili per il trattamento delle ferite cutanee degli anziani.
La descrizione delle norme fondamentali cui attenersi per medicare una ferita cutanea, frutto di sedici anni di esperienza nel campo della ustionologia e della vulnologia, mi costringerà a sfatare dei falsi miti, infrangere dei tabù atavici e a sovvertire dei luoghi comuni di matrice popolare che sono ancora responsabili di manovre inutili o addirittura nefaste.
Se non si è ancora consultato un medico o un farmacista in vena di consigli, cominciamo con parlare della DISINFEZIONE ovvero l’azione di ridurre al minimo la presenza di microrganismi sulla ferita:
essa va condotta con prodotti scarsamente lesivi nei confronti delle cellule rimaste sane sul fondo della lesione; il risparmio di tessuto integro è sempre importante ed ancora di più lo è nel soggetto anziano dove le possibilità di replicazione cellulare sono ridotte. La diminuzione di concentrazione di germi sulla ferita può anche essere ottenuta, non in modo chimico, ma in maniera meccanica con un buon lavaggio con soluzione fisiologica, acqua di rubinetto bollita o addirittura semplice acqua tiepida direttamente dagli ugelli della doccia; sicuramente sono da evitare soluzioni come il mercuro-cromo che oltre a colorare la ferita e dunque impedire di valutare l’evoluzione, determina la formazione di croste dure che contrastano la migrazione cellulare, fenomeno alla base della guarigione della ferita. L’acqua ossigenata è ammissibile per la prima (e unica) disinfezione iniziale, successivamente va riposta nell’armadietto e tenuta pronta per una eventuale caduta dalla bicicletta dei nipotini…
In sintesi è meglio limitarsi a sciacquare via i germi che eliminare cellule vive innocenti.
Come approcciare il pezzo di pelle che dondola a guisa di sportellino sulla ferita?
Ritengo utile tentare di ricollocarlo sulla ferita anche se a causa della sua retrazione non coprirà più in modo completo tutta la superficie, sottolineo tentare poiché il tempo massimo di osservazione per la sua ripresa vitale (viraggio progressivo del colore da rosso scuro a roseo e difficoltà a sollevarlo dal fondo della ferita) è di 48-72 ore; oltre questo limite temporale non è più credibile la sua rivitalizzazione e dunque potrà essere rimosso (da mani esperte) o lasciato in sede solo con fine di medicazione biologica. Sarà inoltre necessario proteggere il lembo di pelle con una garza (leggermente umida) se ne abbiamo disponibilità in casa o con un fazzoletto di cotone o lino bianco fissato sopra con cerottini (se si posseggono) o facendo il nodo con i suoi lembi (attenzione a non stringere troppo..).
Lavata e coperta, la ferita può aspettare i tempi organizzativi familiari per il successivo consulto medico specialistico.
Nel caso che il trauma abbia portato via una fettina di cute e la ferita sia dunque aperta:
- il procedimento di disinfezione-detersione è anche più agevole e va condotto con le stesse modalità precedenti; non esistendo la copertura naturale del lembo di pelle, va impiegata direttamente una garza umida o una pezza pulita di cotone o lino bianco. In entrambe le evenienze le medicazioni vanno tenute umide bagnandole con soluzione fisiologica o acqua di rubinetto (bollita se possibile), ogni 4-6 ore fino alla consultazione specialistica; inumidire la medicazione significa scongiurare il pericolo della adesione e dell’inglobamento con la crosta, eventi la cui risoluzione meccanica è foriera di dolore importante e di allungamento dei tempi di guarigione. Non vorrei fare impallidire nessuno affermando che la ferita può essere tranquillamente bagnata nella doccia, risciacquata con cura e successivamente coperta, nessun danno per la lesione, minori grattacapi per riuscire a impermeabilizzare la medicazione e tanta letteratura scientifica, al proposito, dalla nostra parte.
Il vulnologo ovvero l’interprete più raffinato della cura delle lesioni cutanee acute e croniche degli anziani, è il punto di riferimento terapeutico per evitare la cronicizzazione di un evento acuto e stimato di scarsa importanza, ma che invece può condizionare in modo limitante l’esistenza di un individuo fragile e solo.
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