Introduzione
Il moderno approccio verso una ferita cutanea che non tende a guarigione spontanea comincia con una procedura operativa definita “debridement”.
Il termine debridement è leggibile e comprensibile immediatamente sia in lingua inglese che in francese, poiché è scritto allo stesso modo, gli specialisti del wound care di lingua italiana e spagnola ne conoscono comunque il significato e hanno conservato il termine senza tradurlo; la pura traduzione infatti non è proponibile poiché risulta riduttiva rispetto al più ampio significato “filosofico” e pratico del termine.
La definizione più recente e forse più completa è la seguente: l’azione di rimozione di tessuto necrotico, escare, tessuto devitalizzato, tessuto infettato, ipercheratosi, pus, ematomi, detriti, frammenti ossei, o ogni tipo di carica batterica di una ferita con l’obiettivo di favorire la guarigione.
Nonostante il ruolo centrale del Debridement nel wound care (cura delle ferite, ustioni, ulcere), non c’è ancora, nella letteratura di settore, un ampio consenso scientifico in merito alle indicazioni e alla sua efficacia terapeutica. Nel mondo pediatrico la questione è ancora più intricata poiché, non soltanto mancano studi comprovanti l’evidenza scientifica ma sono carenti anche le opinioni degli esperti e i report clinici.
L’eterno ed amletico dilemma della differenza tra detersione e debridement sembra superato nella sfera dell’adult wound healing, meno chiara è la situazione nel wound care pediatrico dove le procedure di cleaning e cleansing possono avere valenza di debridement in alcune fasce di età. L’obiettivo del debridement, anche in età pediatrica è essenzialmente rimuovere selettivamente le seguenti componenti presenti sia sul fondo che sui margini della lesione: a. Residui di medicazioni pregresse b. Slough/Biofilm c. Microbial Load d. Cellular Debris e. Foreign Bodies.
Nel wound care pediatrico, poiché il debridement assume aspetti diversi e talora troppo aggressivi, è ancora più sentita la necessità di mantenere un perfetto equilibrio tra obiettivi da raggiungere e budget tessutale da salvaguardare; il d. ragionato deve dunque rispettare non solo le golden rules ma soprattutto deve tenere conto costantemente del rapporto dimensionale ferita/superficie cutanea globale. Tale approccio operativo è il medesimo che si segue con successo nel campo delle ustioni, che effettivamente altro non sono che ferite di natura termica, seppure associate ad un sconvolgimento metabolico, che peraltro in età pediatrica si manifesta anche nei traumi complessi esclusivamente di matrice meccanica.
Alla luce di queste considerazioni di natura eziologica e dimensionale, il debrider pediatrico ideale dovrebbe essere sicuro ed indolore, dotato di alta selettività tessutale, di facile utilizzo anche per gli infermieri e sostenibile per l’organizzazione sanitaria.
Le esperienze di assistenza umanitaria condotte nell’ultimo ventennio, negli ospedali da campo, dalla Sanità Militare dell’Esercito in tutte le parti del mondo ci hanno consentito di tracciare una linea di orientamento terapeutico da seguire nel wound care pediatrico. Lungi dalla pretesa di rappresentare una guideline per la scelta della tecnica da effettuare nelle singole situazioni patologiche, questo articolo costituisce soltanto una raccolta di esperienze pratiche maturate in condizioni campali e pertanto talora di difficile immedesimazione.
Storia
La Sanità Militare Italiana, da sempre impegnata a sostegno delle missioni di pace delle Forze Armate in tutto il globo, ha sviluppato, grazie alle esperienze acquisite sul campo, un notevole bagaglio tecnico in materia di “field wound care”, ovvero di assistenza altamente specializzata nei confronti delle lesioni tessutali complesse. Nelle missioni di peace-support purtroppo si riscontra una significativa incidenza di lesioni traumatiche penetranti (blast injuries) e da arma da fuoco quali-quantitativamente molto variabili e spesso polidistrettuali; questi complessi quadri clinici di politrauma costituiscono una parte importante della domanda su cui oggi gli eserciti, impegnati nelle missioni di pace, misurano le proprie capacità tecnico-sanitarie in termini di professionalità, mezzi e materiali. L’attività sanitaria campale, in relazione alla realtà ambientale in cui opera e alle specifiche esigenze, si prefigge in generale lo scopo di assicurare il soccorso più efficace e tempestivo ai feriti sul campo. Quando le regole di ingaggio lo consentono, le attività assistenziali sono rivolte anche nei confronti della popolazione civile: in questo contesto la quota di pazienti in età pediatrica è prevalente.
La complessità organizzativa e le capacità operative degli ospedali da campo condizionano naturalmente il livello delle prestazioni erogabili nei confronti dei bambini affetti da lesioni tessutali complesse acute e croniche; il triage preventivo, le attività ambulatoriali e gli interventi chirurgici costituiscono il motore della macchina umanitaria in corsa verso la opportunità di offrire un trattamento adeguato ai bambini, vittime collaterali dei conflitti. L’equipe chirurgica dell’ospedale da campo, abituata a fronteggiare traumi tessutali complessi dell’adulto, deve dimensionare lo standard delle proprie capacità tecniche sul paziente pediatrico per ottenere il massimo risultato con la minore sofferenza del bambino.
Questa duttilità assistenziale, supportata anche dalla presenza nell’organico dell’ospedale di infermiere volontarie della Italian Red Cross (nella foto in alto), ha permesso di trattare, con lo stesso standard qualitativo garantito in patria, la popolazione pediatrica autoctona affetta da traumi complessi dei tessuti molli, sia di natura termica che meccanica: delle ferite, essendo il primo passo della wound bed preparation, ha svolto sempre un ruolo di particolare importanza nel management dei traumi tessutali.
Benefici Clinici
Nella nostra esperienza ventennale di interventi sanitari in corso di operazioni umanitarie, le ferite di maggior riscontro in età pediatrica possiamo affermare che le lesioni tessutali di piccole dimensioni, il debridement selettivo viene condotto nei pazienti ambulatoriali con anestesia attraverso l’impiego di piccole curette o con garze bagnate; il personale deputato a tale azione può essere medico o infermieristico, maschio o femmina, in relazione a numerosi fattori. Solitamente nelle ferite più importanti utilizziamo le tecniche di sugical/sharp debridement, di debridement a ultrasuoni e se disponibile di hydrosurgery, in sala operatoria e in anestesia generale o locale (con premedicazione) per pazienti ricoverati nel field hospital.
L’adozione di tecniche di debridement selettivo ci permette una gestione razionale e sicura sia dei pazienti esterni che dei ricoverati: un programma ragionato di medicazioni, svolte da parte di personale addestrato, non condiziona lo stato psichico del piccolo paziente e permette un continuo aggiustamento terapeutico guidato dalla evoluzione della lesione.
Discussione
La capacità di risposta assistenziale di un ospedale da campo è influenzata da molti fattori, tra i più importanti vale la pena di ricordare il lavoro di “intelligence sanitaria” ovvero quell’attività di raccolta preliminare di informazioni riguardanti sia la tipologia che l’incidenza delle ferite che vengono più frequentemente riscontrate
nel territorio ove verrà impiegato l’ospedale. La conoscenza di questi dettagli permette di attrezzare la struttura sanitaria con materiali idonei a sostenere la terapia locale di quelle lesioni traumatiche più frequenti.
La disponibilità di apparecchiature tecnologiche e di medicazioni locali hi-tech risulta dunque un elemento essenziale per eseguire una moderna wound bed preparation sul campo. Potendo disporre delle risorse idonee, effettuiamo tecniche diverse di debridement selettivo in relazione alla eziopatogenesi). Maggiori attenzioni vanno riservate alle ustioni profonde estese e con localizzazione al collo, viso e mani; la scelta del d. in questi casi deve tenere conto dell’incognita infezione che condiziona sia la scelta della tecnica più idonea che il tipo di ricostruzione successiva. Tendenzialmente nel sospetto di infezione locale, il debridement chirurgico appare la soluzione più corretta, da eseguire in sala operatoria in anestesia generale, scegliendo una medicazione secondaria di tipo antisettico. La superficie cutanea interessata dall’ustione e il livello di infezione guideranno il trattamento ricostruttivo seguente.
Conclusioni
La consultazione di un mauale di wound care per l’età adulta può aiutarci a dirimere alcuni dubbi nei casi più complessi, non altrettanto possiamo fare per fare luce sul panorama della cura dele ferite neonatali/pediatriche; infatti, al momento, non è possibile seguire alcuna guidelines per la wound bed preparation neonatale e pediatrica; attualmente le soluzioni terapeutiche sono dettate esclusivamente da report di casi-studio o dal parere di esperti del settore.
L’esperienza clinica ottenuta negli ultimi venti anni di operazioni umanitarie, ci ha consentito di raccogliere dati sul wound care pediatrico sostenibile “on the field”, al fine di delineare nulla di più di un orientamento metodologico da seguire quando ci si confronta con la wound bed preparation in età neonatale e pediatrica.
Questa capacità di gestire ferite complesse anche in età pediatrica, maturata in molti anni di attività ospedaliere campali, è supportata anche dalla esistenza di alcune indiscutibili analogie terapeutiche tra la “combat zone” e la “wound area”, tra le quali vale la pena ricordare la più famosa e fortemente attuale “Clear and Hold”.
References
- 1. EWMA document 2013
Journal of Wound Care vol.22 n. 1
- Baharestani MM (2007) An overview of neonatal and pediatric wound care knowledge and considerations. Ostomy Wound Management 53(6):34-55.
- Garvin G (1990) Wound healing in pediatrics. Nurs Clin North Am. 25:181-192.
- Knapp JF (1999) Updates in wound management for the pediatrician. Pediatr Clin North Am 46(6): 1201-1213.
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